Coaching
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Berardo Berardi
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20 Novembre 2022
Berardo Berardi
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Come abbiamo già anticipato, il tema che trattiamo, in questo articolo, è estremamente connesso con quanto trattato nel precedente e, oltretutto, ne è conseguenziale. Nel precedente articolo abbiamo analizzato il ruolo che può avere il business coach, in riferimento all’assetto valoriale del cochee, atteso che abbiamo chiarito quale ruolo decisivo svolga, per ogni persona, tale assetto.
E, soprattutto, il precedente articolo è stato decisivo per capire che non ha molto senso parlare di valori, se non si comprende come essi funzionino e, cioè, che la loro funzione di orientamento, nelle scelte di ognuno, è dato dal meccanismo di funzionamento che si nasconde, nei criteri con cui ognuno da corpo, ai propri valori di riferimento.
In un approccio a livello Mindset, possiamo considerare i criteri, come filtri di percezione della realtà.
Sarà capitato a molti di avere un amico o una amica che, ad un certo punto, ci dice: “Ti devo presentare una persona speciale. La pensa esattamente come noi, su tutto, gli/le piacciono le stesse cose che piacciono a noi, è proprio sintonizzato/a con noi. Vedrai, ti piacerà”. Se vi è capitato, probabilmente ricorderete che, tanta enfasi avrà generato, in voi, una certa aspettativa e, con questo spirito di attesa, sarete andati a conoscere, finalmente, questa tanto annunciata persona speciale. Per poi, scoprire, nel conoscere la persona stessa, che avrete fatto fatica a rintracciare tutta questa specialità, nella persona appena conosciuta. Saranno seguite, inizialmente, simulazioni di entusiasmo, via via sempre meno marcate e, in certi casi si sarà passati dal cercare di non deludere l’amico/a che ci ha presentato la persona, con un giudizio divergente dal suo, fino ad arrivare, in casi estremi a deluderlo pesantemente: “Guarda, io tutta questa specialità di cui tu parli, in questa persona, non l’ho rintracciata”. In sintesi, la stessa persona, era speciale per chi ce l’aveva presentata, ma non lo era affatto per noi; anzi, in certi casi, non ci stava neanche simpatica, oppure abbiamo colto comportamenti non limpidi, che non erano stati colti da chi ce l’aveva presentato, in certi casi, addirittura manipolatori, nei confronti di quest’ultima. In sintesi, il nostro giudizio, sulla persona conosciuta, risultava estremamente difforme, in certi casi, diametralmente opposto, rispetto al giudizio dell’altra persona.
Come è possibile? Come può, una persona determinare due giudizi talmente difformi, a volte opposti, nella rappresentazione di altre due persone, anche due persone particolarmente affiatate, come die amici e che si conoscono, magari, probabilmente da anni?
A questo punto, la risposta è scontata. Dipende dai criteri di soddisfazione dei valori. Nell’esempio fatto, dipende dai criteri di soddisfazione del valore “persona speciale”. In pratica, dipende da come le persone rispondono a questa domanda: “che requisiti deve avere, una persona, per essere speciale?”
E i criteri cambiano, da persona a persona. Anche le persone che ci sono vicine, che conosciamo da sempre e profondamente, come i nostri familiari, i nostri amici, il nostro partner, hanno un bouquet di criteri di soddisfazione di ogni valore, che è Suo unico e preciso.
Se avete un partner lo sapete bene. Ci si sente in sintonia, si provano profondi sentimenti, sicuramente ricambiati, si ha la visione di passare la vita con Lui/Lei; eppure, alla prova dei fatti, si scopre che, se i valori sono condivisi, sono diversi i criteri di soddisfazione.
Si prenda il valore “rispetto”, all’interno della coppia. Siamo certo che pensate che sia importante e, magari, pensate che sia importante anche per il vostro partner. Fino alla prima discussione. Quando vi aspettate un certo comportamento e il partner non lo mette in atto oppure ne mette in atto un altro. O, viceversa, quando il partner vi addebita poco rispetto, per un comportamento che avete adottato che, invece, a voi sembra non violare il valore rispetto anzi, magari pensate che lo soddisfi.
“Tesoro, ti ho detto che, per me, la cosa più importante, è il rispetto”. E voi: “Anche per me, caro/a, ci mancherebbe” – “E, allora, perché hai fatto tardi, quando sapevi che saremmo dovuti uscire di casa, alle 20.30? Sai che tenevo ad arrivare puntuale”. – “Ma ti ho avvertito alle 15 che, forse, avrei tardato mezz’ora. E poi, va bene la puntualità, ma cosa cambiava arrivare, alla festa, alle 21.30, piuttosto che alle 21?” – “Tenevo ad arrivare per primo/a. E, poi, non si tratta di questo. Per me, arrivare puntuale è una questione di rispetto” – “Per me, rispetto significa che, se faccio tardi, ti avviso per tempo”. – “Per me, invece, rispetto significa che non fai tardi”.
Penso che molti si siano riconosciuti, nella discussione, di fantasia naturalmente, appena simulata. Somiglia a tante altre che possono essere capitate, ad ognuno, nella vita di tutti i giorni, che si abbia un partner oppure no, magari con un familiare, con un amico, con un collega o con un conoscente. E non a proposito del rispetto, ma a proposito di un qualsiasi altro valore: professionalità, amicizia, amore, etc …
Se, dunque, volete realmente conoscere una persona, nel profondo, dovete conoscere i suoi criteri di soddisfazione dei valori. In tal senso, i litigi, le discussioni o i anche semplici confronti, magari durante il pranzo della domenica o al bar sotto casa, sono ottime occasioni, per fare in modo che i nostri interlocutori (e noi stessi, li esplicitino).
Peraltro, non poche volte capita che le persone espongono i propri valori di soddisfazione, come se fossero universali _ “Non sei stato professionale, perché un professionista prevede sempre in anticipo, cosa può accadere” – “No, sono stato altamente professionale perché nel momento in cui si è presentato l’evento, che non poteva prevedere, ho posto subito rimedio”. Chi ha ragione? Non è la domanda giusta. Anche perché, la gran parte delle persone non pensano che le regole di soddisfazione di un valore siano personali. La gran parte delle persone, quando le esplicitano, lo fanno come se stessero enunciando regole universali.
Un business coach, che sa il fatto suo, queste cose le sa molto bene. E, quando ha a che fare con un cochee, man mano che lo guida, si preoccupa di comprendere i criteri di soddisfazione del valore o dei valori che muovono le scelte, della persona che sta guidando.
E lo fa, ancora una volta, con le giuste domande. Le domande del business coach sono strumenti di precisione. Dunque, per ogni intervento c’è la giusta domanda. Esattamente come capita per le chiavi del meccanico. Se devo svitare un bullone, devo prendere la chiave giusta, per forma e per dimensione.
La domanda principe, per quanto riguarda quella che si chiama estrazione dei valori è fondamentalmente questa: “Cosa deve accadere o esserci, affinché il tuo valore (X) sia soddisfatto?”
Può essere proposta in varie versioni e, comunque, va sempre contestualizzata. Tuttavia, è quella che porta al cuore del discorso. E’ comprendendo i criteri, che si capisce il perché dei comportamenti.
Chi è consapevole di questo, non fa considerazioni del tipo: “non capisco perché mio fratello si comporti in questo modo; ha tutto da perdere”. Oppure: “pensa alla mia amica, si è infilata in una storia che la fa soffrire, ancora una volta”. Ai nostri occhi, spesso, i comportamenti degli altri, ci sembrano assurdi, incomprensibili, scorretti, autolesionisti. Sicuramente lo sono, ma alla luce dei nostri criteri. Il salto di qualità è quello di passare dalla critica all’approfondimento, in modo da comprendere quali sono le ragioni delle scelte che, secondo i nostri filtri, ci sembrano sbagliate o incomprensibili.
Anzi, cosa che molti non sono in grado di fare, comprendere neanche i propri comportamenti, quando non portano i risultati desiderati. Una spia di questo meccanismo, per esempio, è la frase: “faccio sempre gli stessi sbagli”. Chi pronuncia questa frase, piuttosto che rammaricarsi, dovrebbe chiedersi: “qual è il criterio di soddisfazione e di quale valore, che è alla base di questo comportamento, che mi porta sempre allo stesso risultato, non desiderato?”. Se si fosse capaci di attivare questo tipo di autoanalisi e si prendesse consapevolezza del criterio decisionale, allora si potrebbe arrivare a correggere il meccanismo alla base. Altrimenti, si continuerà a fare sempre gli stessi errori.
Ecco, un altro vantaggio del business coach. E’ in grado di portare il coachee a comprendere i propri criteri di soddisfazione e a portarlo a fare un’ulteriore considerazione: “ma, se il rispetto di questa regola, mi danneggia, è il caso che io la rispetti? Insomma, si tratta di un criterio, così irrinunciabile?”
Siamo sempre li. Spesso, operiamo per abitudine, inconsapevolmente. E agiamo obbedendo a dei criteri che sono radicati nel nostro inconscio e che, per questo motivo, finiamo per non mettere in discussione, praticamente mai. E se non siamo in grado di fare un’autoanalisi consapevole, finiamo per commettere errori o, comunque, avere comportamenti non funzionali.
Un business coach fa questo. Porta il cochee a fare un’autoanalisi. E, se il caso, è lo stesso cochee che interviene, modificando i propri criteri e allineandoli con il contesto o, comunque, con quello che serve a raggiungere gli obiettivi o a superare le criticità.
Ecco, dunque, che il coach si rivela, ancora una volta, una figura estremamente preziosa.